Thomas Merton: testimone di pace
Il 31 gennaio del 1915: ‹‹in un anno di una grande guerra…io venni al mondo. Fatto a immagine di Dio, quindi libero per natura, fui tuttavia schiavo della violenza e dell’egoismo ad immagine del mondo in cui ero nato. Quel mondo era il quadro dell’inferno, pieno di uomini come me, i quali amavano Dio eppure lo odiavano, e, nati per amarlo, vivevano nel timore e nella disperazione di contrastanti appetiti›› (Cfr. La montagna dalle sette balze, Garzanti, pag. 9), Thomas Merton nacque. Sono passati 108 da quel giorno e, con toni diversi ma simili, ci sembra di rivivere istanti fotografici, fortunatamente non in sequenza, come quanto descritto da colui che, poi, divenuto cattolico e successivamente monaco e sacerdote trappista, ebbe a scrivere pagine importanti durante il corso della vita per costruire un percorso che porti ad una educazione alla pace in forma duratura, quando è possibile.
Il tema della pace ha occupato di frequente la riflessione e la meditazione di Merton. Ci ricorda, e ci sollecita in quale potrebbe essere il nostro compito di cristiani, per preservare la pace e lavorare per la totale abolizione della guerra: ‹‹Il compito del cristiano in questa crisi è di combattere con tutte le proprie forze ed intelligenza, con fede, speranza in Cristo e amore verso Dio e l’uomo, per compiere l’unico compito che Dio ci chiede di compiere nel mondo d’oggi. Il compito di lavorare per la totale abolizione della guerra›› (in Passion for Peace, pag. 25). E, incalza, con proposte di prospettive decisamente anticipatorie ed ancora attuabili: ‹‹Non si discute che, fino a quando la guerra non verrà abolita, il mondo rimarrà costantemente in uno stato di pazzia e di disperazione, nel quale, a causa dell’immensa forza distruttiva dei moderni armamenti, il pericolo di catastrofe rimarrà imminente e probabile in ogni momento e dovunque›› (Idem).
Merton, arriva a questi pronunciamenti negli anni ’60, partendo da lontano. Il suo è un percorso di educazione alla pace e al disarmo. Già precedentemente esprime la sua preoccupazione per un mondo, dove la guerra, rimane una costante minaccia. Capisce che la libertà è messa in pericolo continuamente: ‹‹Libertà: minacciata soprattutto dalla guerra›› (Run to the mountain, 8 settembre 1939). Qualche mese prima, nel marzo del ’39, ha un incontro con colui che lo aiuterà sempre ad affrontare alcuni problemi fondamentali della teologia e filosofia di quegli anni: Jacques Maritain. Merton incontra Maritain insieme a Dan Walsh al Catholic Book Club in New York City, dove il noto filosofo stava parlando di quello che i cattolici potevano fare in quel momento storico. L’incontro, impressionò molto favorevolmente Merton che, nelle pagine de La montagna dalle sette balze, così ricorda quel giorno: ‹‹Con Maritain scambiai solo poche parole convenzionali, ma, da quel francese gentilissimo, un po’ curvo e con molti capelli grigi, ricevetti l’impressione di una immensa benevolenza, di semplicità e di bontà…Mi allontanai con una profonda sensazione di conforto al pensiero che sulla terra vi fossero ancora persone come lui…›› (MSB, pag. 262-263). Momenti che formano il giovane Merton e che lo conducono al passo dell’obiezione di coscienza: ‹‹Ho scelto di essere un obiettore di coscienza, chiedo di non combattere, così da non dover uccidere uomini creati ad immagine di Dio, quando è possibile, obbedendo alla Legge (che desidero) di servire i feriti e soccorrere chi in necessità…›› (Run to the mountain, 4 marzo 1941).
Qualche giorno prima, Merton, sempre dalle pagine di uno dei suoi diari, ci consegna queste righe in forma di preghiera che probabilmente l’hanno guidato alla scelta dell’obiezione di coscienza: ‹‹Quando prego per la pace, prego per il miracolo che Dio induca tutti gli uomini a pregare e a far penitenza e che ognuno riconosca la propria grave colpa, perché tutti, sotto un certo aspetto, siamo colpevoli di questa guerra…Quelli che odiano la guerra la odiano per le sofferenze che ne derivano, non perché è ingiusta; e quelli che hanno qualche idea di giustizia son troppo intenti a cercare il proprio vantaggio, piuttosto che quello dell’umanità nel suo insieme; essi hanno bisogno della guerra!›› (T.M., Diario secolare, pag.128-129). Parole che ancora oggi fanno riflettere.
Nei mesi successivi, prima di fare il suo ingresso all’Abbazia del Gethsemani il 10 dicembre 1941, Merton ci fa conoscere anche il suo pensiero per la situazione politica del tempo e ha parole dure verso il Presidente Roosevelt: ‹‹E’ deprimente vedere le ‘manovre’ portate avanti da Roosevelt in modo sfacciato›› (Run to the mountain, 7 ottobre 1941).
I trappisti del Gethsemani, ci consegnano Merton nella sua spiritualità e nella preparazione della sua maturità verso i temi sociali che, a nostro avviso potrebbero aver contribuito alla determinazione della morte avvenuta il 10 dicembre 1968 a Bangkok. Nello stesso anno morirono, o meglio, vennero uccisi: Martin Luther King, il 4 aprile 1968 e Robert Kennedy il 6 giugno 1968. Precedentemente, quale passo significativo verso il tema della pace, assume significato una lettera che Thomas Merton scrive a Erich Fromm nel marzo del 1955, dove il monaco così si esprime: ‹‹Mi sembra che non ci possano essere condizioni che giustifichino legittima una guerra atomica: L’assioma ‘non sunt facienda mala ut eveniant bona’, si applica qui più che in altri posti….Di conseguenza, sono completamente d’accordo con te per quanto riguarda l’atomica. Mi oppongo con tutte le forze della mia coscienza›› (T.M., Hidden Ground of Love, pagg 311-312). Questa sua posizione gli procurerà parecchi interventi da parte dei superiori dell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza, fino al punto che, gli verrà imposto la proibizione di scrivere in merito a temi di pace e guerra. Soprattutto, quando, con la pubblicazione di alcuni suoi scritti contro la guerra, attraverso la sua affermazione: ‹‹Capisco che dovrei usare la mia voce per dire qualcosa, in pubblico, e non saprei da dove cominciare›› (T.M., Turning toward the World, pag. 21). E’ l’anno della Guerra Fredda, e Merton posto in silenzio, diffonde, in modo clandestino, attraverso i suoi amici, la corrispondenza raccolta nel totale di 111 lettere, quanto aveva scambiato con molti interlocutori dall’ottobre 1961 all’ottobre 1962, per far conoscere e convincere tutti ad intervenire a favore della pace, sostenendo che la “Radice della guerra è la paura”, titolo di un suo articolo apparso sul giornale Catholic Worker, diretto da Dorothy Day nel Settembre 1962.
Da questo momento in poi, possiamo riassumere le proposte di un itinerario che educhi alla pace e al disarmo, secondo Merton in questi momenti: 1) Essere contro alla guerra nucleare e alla mentalità che possa far pensare che la guerra nucleare sia sostenibile; 2) Allo stesso modo bisogna sostenere che la guerra convenzionale è ugualmente insostenibile tanto quanto la guerra nucleare; 3) Eliminare il concetto mistico che la guerra possa essere una valida risposta risolutiva ai problemi sociali e politici (ampi stralci possono essere consultati su Passion for Peace, cit.).
Come si vede, i margini di riflessione che Thomas Merton, a fatica cercò di proporre agli uomini e donne del suo tempo, anche oggi, per chi vuole essere attento, risultano molto importanti. Certamente, ci sembra di capire che bisogna avere “una attitudine nuova e disposta” all’ascolto e che si è solo all’inizio di una nuova educazione alla pace. Ci consola, però, il fatto che, probabilmente l’insegnamento di Thomas Merton, sia stato assorbito dalla linea della dottrina cattolica non solamente attraverso il Concilio ma anche con pronunciamenti di Papi in Encicliche (Pacem in Terris di Giovanni XXIII), o in discorsi ufficiali (Al Congresso USA nel 2015 di Papa Francesco).