La Pacem in terris e gli scritti di Thomas Merton

La Pacem in terris e gli scritti di Thomas Merton
Conferenza del Prof. Agostino Giovagnoli
Sala medicea (Sede ProLoco) – Santa Maria degli Angeli – Assisi
Sabato 13 aprile 2013 ore 10.30
Promossa dall’Associazione Thomas Merton Italia

Sintesi

Con questa conferenza si è voluto celebrare il cinquantesimo anniversario dell’enciclica emanata da Giovanni XXIII l’11 aprile 1963. Thomas Merton ne ha effettuato una profonda analisi nel suo libro Semi di distruzione, pubblicato l’anno successivo.
Il relatore ha esordito rilevando la difficoltà di parlare di pace nel mondo cattolico del ventesimo secolo, facendo riferimento, tra l’altro, ai problemi che ebbe Don Sturzo nel pubblicare un suo libro sul tema, per il quale egli dovette rinunciare all’imprimatur. Tale ostilità nasceva dalla negazione del peccato originale e quindi dall’inclinazione della natura umana al male. La Pacem in terris costituisce dunque una novità e Merton sottolinea l’ottimismo di Giovanni XXIII e di quanto poi espresso dal Concilio Vaticano Secondo. Lo stesso Merton precisa che non trattasi di un ottimismo generico, di un buonismo, ma di un ottimismo legato alla speranza cristiana. E l’enciclica sicuramente deve molto al suo contributo.
La pace si basa su argomentazioni che sono valide per tutti, è insita nel genere umano. C’è una verità alla pace che è più forte della realtà della guerra. L’enciclica rimanda a un ordine universale in cui la pace ha una sua collocazione. Nella Pacem in terris si coglie una novità storica, anche se, antecedentemente a essa ci siano state posizioni contro la guerra. Il Prof. Giovagnoli ha ricordato l’impegno di Benedetto XV, che la definì ‘inutile strage’, poi anche quello di Pio XI e Pio XII. La loro fu però un’azione politico- diplomatica. Con l’enciclica c’è un salto di qualità perché pone una riflessione, dottrinalmente impegnativa, sulla pace.
Thomas Merton ne coglie quindi la novità nell’ottimismo come speranza cristiana e trae delle conseguenze, come il principio di autorità. Questa nasce dall’esigenza di tenere l’umanità sotto controllo per limitare il male. L’esigenza quindi di un’autorità sopranazionale in grado di perseguire il bene comune universale. In questo contesto c’è una responsabilità specifica dei cristiani e la riflessione di Merton si fa storica, ponendosi nel contesto degli anni ’60, periodo della guerra fredda con i rischi determinati anche dall’uso della bomba atomica. La Pacem in terris nasce dai missili di Cuba e dal blocco navale di Kennedy, e Giovanni XXIII sente l’esigenza di un dialogo con il mondo comunista. La risposta cristiana si pone su una questione di fondo: agire con la forza o con l’amore? La soluzione non è politica ma morale perché l’amore è più efficace della forza. E’ necessario purificare l’atmosfera dalla confusione e dalla disperazione. Il mondo del giornalismo e della comunicazione in genere hanno sempre avuto una posizione ambigua e non hanno aiutato una scelta morale. Necessità quindi del più ampio dialogo, anche con i non credenti e con altre religioni.
Alla conferenza, molto apprezzata dai presenti, hanno fatto seguito numerosi interventi dalla sala arricchendo la riflessione sul tema e consentendo al Prof. Giovagnoli di sviluppare ulteriormente alcuni aspetti della sua relazione.

La Pacem in terris e gli scritti di Thomas Merton

La Pacem in terris e gli scritti di Thomas Merton
Conferenza del Prof. Agostino Giovagnoli
Sala medicea (Sede ProLoco) – Santa Maria degli Angeli – Assisi
Sabato 13 aprile 2013 ore 10.30
Promossa dall’Associazione Thomas Merton Italia

Sintesi

Con questa conferenza si è voluto celebrare il cinquantesimo anniversario dell’enciclica emanata da Giovanni XXIII l’11 aprile 1963. Thomas Merton ne ha effettuato una profonda analisi nel suo libro Semi di distruzione, pubblicato l’anno successivo.
Il relatore ha esordito rilevando la difficoltà di parlare di pace nel mondo cattolico del ventesimo secolo, facendo riferimento, tra l’altro, ai problemi che ebbe Don Sturzo nel pubblicare un suo libro sul tema, per il quale egli dovette rinunciare all’imprimatur. Tale ostilità nasceva dalla negazione del peccato originale e quindi dall’inclinazione della natura umana al male. La Pacem in terris costituisce dunque una novità e Merton sottolinea l’ottimismo di Giovanni XXIII e di quanto poi espresso dal Concilio Vaticano Secondo. Lo stesso Merton precisa che non trattasi di un ottimismo generico, di un buonismo, ma di un ottimismo legato alla speranza cristiana. E l’enciclica sicuramente deve molto al suo contributo.
La pace si basa su argomentazioni che sono valide per tutti, è insita nel genere umano. C’è una verità alla pace che è più forte della realtà della guerra. L’enciclica rimanda a un ordine universale in cui la pace ha una sua collocazione. Nella Pacem in terris si coglie una novità storica, anche se, antecedentemente a essa ci siano state posizioni contro la guerra. Il Prof. Giovagnoli ha ricordato l’impegno di Benedetto XV, che la definì ‘inutile strage’, poi anche quello di Pio XI e Pio XII. La loro fu però un’azione politico- diplomatica. Con l’enciclica c’è un salto di qualità perché pone una riflessione, dottrinalmente impegnativa, sulla pace.
Thomas Merton ne coglie quindi la novità nell’ottimismo come speranza cristiana e trae delle conseguenze, come il principio di autorità. Questa nasce dall’esigenza di tenere l’umanità sotto controllo per limitare il male. L’esigenza quindi di un’autorità sopranazionale in grado di perseguire il bene comune universale. In questo contesto c’è una responsabilità specifica dei cristiani e la riflessione di Merton si fa storica, ponendosi nel contesto degli anni ’60, periodo della guerra fredda con i rischi determinati anche dall’uso della bomba atomica. La Pacem in terris nasce dai missili di Cuba e dal blocco navale di Kennedy, e Giovanni XXIII sente l’esigenza di un dialogo con il mondo comunista. La risposta cristiana si pone su una questione di fondo: agire con la forza o con l’amore? La soluzione non è politica ma morale perché l’amore è più efficace della forza. E’ necessario purificare l’atmosfera dalla confusione e dalla disperazione. Il mondo del giornalismo e della comunicazione in genere hanno sempre avuto una posizione ambigua e non hanno aiutato una scelta morale. Necessità quindi del più ampio dialogo, anche con i non credenti e con altre religioni.
Alla conferenza, molto apprezzata dai presenti, hanno fatto seguito numerosi interventi dalla sala arricchendo la riflessione sul tema e consentendo al Prof. Giovagnoli di sviluppare ulteriormente alcuni aspetti della sua relazione.